Tecnologie contro la plastica: dispositivi e progetti pulire mari e oceani - Agenda Digitale

2022-06-18 21:50:45 By : Ms. Shirly yu

Droni acquatici, cestini galleggianti, navi mangiaplastica, barriere nei fiumi: la tecnologia può supportare la riduzione dell’inquinamento da plastica nei mari di tutto il mondo. Esempi, numeri, risultati

Ricercatrice presso il CNR IIA - Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR

Attualmente si stima che siano presenti 150 milioni di tonnellate di plastica nei mari di tutto il mondo, con un aumento annuo di circa 8 milioni di tonnellate. Colonne d’acqua e fondali in cui galleggiano e su cui si posano miliardi di frammenti di microplastiche con diametro inferiore ai 5 mm.

Esistono tecnologie per contrastare efficacemente questo accumulo di rifiuti di plastica, e sono efficaci con i rifiuti già prodotti e dispersi nei mari e negli oceani del mondo?

Fino ad oggi sono stati introdotti diversi progetti che si avvalgono dell’uso di prototipi con la funzione di “aspirare via” dal corpo idrico il rifiuto di plastica.

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Gli australiani Pete Ceglinski, ex designer di prodotto e costruttore di barche, e Andrew Turton, anche lui impegnato nel settore nautico, dal 2014 si sono dedicati allo sviluppo di Seabin, un cestino galleggiante lanciato sul mercato nel 2017 e capace di risucchiare e raccogliere i rifiuti dalla superficie dell’acqua comprese le microplastiche.

Immerso nell’acqua e fissato, ad esempio, ad un pontile, con la parte superiore del dispositivo al livello della superficie dell’acqua, grazie all’azione spontanea del vento e delle correnti, esso convoglia direttamente i detriti al suo interno.

Efficace quindi soprattutto in aree di accumulo dei detriti, come i porti, Seabin è in grado di catturare circa 1,5 kg di detriti al giorno, comprese le microplastiche da 5 a 2 mm di diametro, i mozziconi di sigaretta e le microfibre da 0,3 mm. Tale quantità si traduce approssimativamente in oltre 500 Kg di rifiuti all’anno.

Secondo le stime dell’Unep – il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente – il Mediterraneo si trova ad accogliere, giorno dopo giorno e suo malgrado, 731 tonnellate di rifiuti in plastica. La cifra, già impressionante, potrebbe raddoppiare entro 2025. Lo stesso Unep ci informa, inoltre, che ogni giorno circa 90 tonnellate di plastica finiscono nei mari italiani.

Solo una piccola percentuale di plastica viene riciclata: la maggior parte finisce abbandonata nelle terre e nei corpi idrici. Il 79% della plastica prodotta si trova nelle discariche e negli oceani: la quasi totalità dei rifiuti proviene dalla terraferma e raggiunge il mare prevalentemente attraverso gli scarichi urbani e i corsi d’acqua.  Circa il 65% della plastica che finisce negli oceani proviene dai 20 fiumi più inquinati nel mondo, quasi tutti nel Sud-est asiatico.

Delle migliaia di tonnellate di plastica che arrivano ogni giorno fino al mare, l’80% è costituito da polietilene e da polipropilene: buste in plastica, bicchieri, bottiglie e imballaggi vari.

Se filtrassimo tutte le acque salate del mondo, scopriremmo che ogni chilometro quadrato di esse contiene circa 46.000 microparticelle di plastica in sospensione.

Numeri impressionanti di un fenomeno che non è circoscritto alle cinque “isole di plastica” in continuo accrescimento negli oceani ma tocca anche il nostro Mar Mediterraneo. Questa forma d’inquinamento è così grave che il peso complessivo di plastica nei mari supererà quello dei pesci entro il 2050, secondo la Ellen MacArthur Foundation.

Sicuramente il miglior rifiuto è quello che non si produce, e dunque il modello vincente, secondo l’approccio dell’economia circolare, è quello in cui produzione e consumo si basano sul riutilizzo e il riciclo dei prodotti per più tempo possibile.

Questo modello è la controparte del tradizionale modello economico lineare che segue uno schema scandito dalle fasi del prelevare, produrre, usare e gettare. In questo caso il prodotto, quando termina il suo ciclo, diventa scarto obbligando la catena economica a ripetere di continuo lo stesso schema. L’economia circolare invece definisce un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità.

In Italia esiste il progetto LifeGate PlasticLess, nato nel 2018 con l’intento di contribuire alla diminuzione dell’inquinamento posizionando il maggior numero possibile di Seabin nei porti, nei fiumi e nei laghi italiani, con l’obiettivo di raccogliere 23 tonnellate di plastica in un anno. La plastica recuperata dal mar Mediterraneo, insieme a quella raccolta in altre zone del mondo, viene riutilizzata a scopo industriale.

Altri due prototipi dimostrativi installati in Italia a partire da marzo 2022 sempre grazie al progetto LifeGate PlastLess, sono il Trash Collec’Thor e il Pixie Drone.

Come Seabin anche Trash Collec’Thor si installa sui pontili galleggianti di porti e marine, vicino ai punti di accumulo e funziona come un grande “dispositivo mangiaplastica” che cattura diversi tipi di rifiuti galleggianti come bottiglie di plastica, sacchetti, mozziconi e microplastiche dai 3 mm di diametro in su ma che è anche in grado di raccogliere idrocarburi.

Attivo 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, funziona grazie a una robusta pompa industriale che garantisce una lunga durata e che consuma solo 0,75 kilowatt. Può catturare fino a 100 kg di rifiuti galleggianti per volta.

Pixie Drone invece è un dispositivo che può muoversi liberamente per “esplorare” piccole aree di mare o di lago, andando a caccia dei rifiuti plastici lontani dai punti di accumulo. Funziona con una profondità dell’acqua di almeno 30 cm. Può essere telecomandato da una distanza di 500 metri e monitorato grazie a una web app. Ha una velocità di 3 km/h e un’autonomia di funzionamento di sei ore. In ogni sua missione, può raccogliere fino a 60 kg di rifiuti alla volta: dalla plastica all’organico, dal vetro alla carta, dai tessuti alla gomma, agli idrocarburi. Il suo lavoro è inoltre facilitato da una videocamera con portata di 300 metri.

Nel 2018, l’azienda danese RanMarine Technology ha creato un dispositivo chiamato WasteShark, un drone acquatico a forma di catamarano che aspira rifiuti galleggianti dalla superficie dell’acqua di fiumi, laghi e mari con un’autonomia di 8 ore senza emissioni di CO2.

Una volta impostato il suo percorso, il drone copre un’area predeterminata, può tornare al molo per depositare i rifiuti raccolti e ricaricare le batterie in autonomia. Avvalendosi di ulteriori dispositivi radar, esso è capace anche di evitare eventuali collisioni. Lungo circa 1,5 metri e dal peso di poco inferiore ai 40 kg, con una velocità di 3 km/h può raccogliere 500 kg di materiale al giorno.

WasteShark è supportato da un drone volante in grado di raccogliere dati in maniera autonoma, durante la scansione delle acque, e capace di segnalare in tempo reale la presenza di rifiuti.

Inner Harbor Water Wheel, detto Mr. Trash Wheel, è una nave semi autonoma che rimuove i rifiuti alla foce del fiume Jones Falls di Baltimora, nel Maryland e che fino ad oggi ha raccolto più di 500 tonnellate di rifiuti.

Inventata da John Kellett nel 2008, nel 2014 è stata sostituita da una versione più grande ed efficiente. Il movimento è possibile grazie a ruote idrauliche alimentate dalla corrente del fiume e se l’energia non è sufficiente, subentrano i pannelli solari.

I rifiuti galleggianti sono incanalati tramite degli sbarramenti verso “la bocca” di Mr. Trash Wheel e lì vengono raccolti tramite nastro trasportatore. Il materiale è poi trasportato e accumulato in un cassone. Quando questo si riempie completamente, viene rimorchiato fino ad un inceneritore dove i rifiuti vengono usati per generare elettricità trasformandosi quindi in una preziosa risorsa e valorizzando il principio dell’economia circolare.

La nave Mr. Trash Wheel fa parte della Waterfront Partnership del “Healthy Harbor Plan” della città di Baltimora. Tra le migliaia di kg di rifiuti raccolti dal 2014 si contano purtroppo anche 8,9 mln di mozziconi di sigarette, circa mezzo milione di contenitori di polistirolo, oltre 370 mila bottiglie di plastica e oltre 257 mila borse della spesa.

I Pelikan di Garbage Group sono battelli ecologici che possono operare anche per le emergenze marittime con attività di disinquinamento in mare, per la pulizia degli specchi acquei dai rifiuti solidi galleggianti, in particolare plastica, dai rifiuti semisommersi ed oleosi.

Operando con le pinze anteriori aperte, il battello raccoglie il materiale inquinante sulla griglia di prua. Il Pelikan opera anche da fermo sfruttando il flusso di aspirazione dell’elica intubata che agisce come una speciale pompa. Una volta riempitasi, la griglia riversa il contenuto nel cestello di stoccaggio. In presenza di macchie di olii galleggianti, il battello crea un flusso di aspirazione dell’acqua verso l’imboccatura del separatore di idrocarburi che rende possibile la completa separazione del film inquinante dalla massa d’acqua aspirata, recuperando fino a 15 m3 di acqua.

Sul tetto sono sistemati pannelli fotovoltaici, per un totale di 800 W, per la ricarica batterie a motore spento e, in esercizio, per alimentare i servizi elettrici ausiliari e la climatizzazione della cabina di pilotaggio, si muove a circa 9 km/h.

Il fluido idraulico usato negli automatismi dell’imbarcazione è a base vegetale e biodegradabile, mentre il materiale che la costituisce è perlopiù alluminio riciclato.

Recuperare 10.000 kg di rifiuti di plastica dal mare Mediterraneo e convertirne una parte in energia elettrica e calore è il duplice obiettivo che caratterizza il progetto “Insieme per il Mar Mediterraneo”.

L’iniziativa prevede anche una fase sperimentale di conversione di parte dei rifiuti recuperati in energia elettrica e calore grazie al dispositivo Green Plasma sviluppato da IRIS: questo sistema si basa sull’utilizzo della tecnologia di conversione termochimica che, grazie alle alte temperature raggiunte (fino a 5.000°C), consente di trasformare in gas qualsiasi composto organico, separandolo dalla matrice inorganica.

Il gas viene quindi convertito in energia elettrica e calore: l’intero trattamento avviene in assenza di ossigeno, senza combustione, quindi, i rifiuti non bruciano e non producono ceneri né emissioni nocive, consentendo di trasformare un rifiuto in una preziosa risorsa senza alcun ulteriore impatto negativo per l’ambiente.

Ideato dal navigatore francese Yvan Bourgnon e finanziato dall’associazione Sea Cleaners, Manta è un catamarano tecnologico in grado di raccogliere e separare la plastica dalla materia organica. È il primo catamarano in grado di raccogliere, trattare e recuperare grandi quantità di rifiuti di plastica in mare e alle foci dei fiumi.

Lungo 56 metri, dal 50% al 75% auto-alimentato grazie al riutilizzo dei rifiuti plastici raccolti, ha l’obiettivo di raccogliere 10mila tonnellate di rifiuti l’anno. L’energia a bordo è alimentata sia da due turbine eoliche che da 2000 m² di pannelli solari. La propulsione è fornita da un sistema ibrido personalizzato che combina 1.500 m² di vele e quattro motori elettrici. Grazie ad un impianto sonoro durante la navigazione allontana pesci e cetacei dalla traiettoria. Può raccogliere tra 1 e 3 tonnellate di materiale all’ora, di dimensioni non inferiori ai 10 mm, e la sua capacità di stoccaggio supera i 200 m3.

Manta sarà lanciata nel 2024. Questa straordinaria imbarcazione, a bordo dispone anche di un laboratorio scientifico all’avanguardia per l’osservazione, l’analisi e la comprensione dell’inquinamento da plastica dell’oceano e, nelle occasioni di attraccato in porto, potrà essere usata come piattaforma educativa aperta al pubblico.

Manta potrà avvalersi dell’aiuto di altre due imbarcazioni già operative, sempre adibite alla raccolta dei rifiuti galleggiati, denominate Mobula 8, progettata in stretta collaborazione con la società navale francese EFINOR, e la più recente e di maggiori dimensioni Mobula 10. Entrambe potranno agganciarsi nella parte posteriore del Manta: Mobula 8 opererà in acque calme e protette (5 miglia nautiche dalla costa), come aree lacustri, fiumi, paludi di mangrovie. Il Mobula 10 opererà invece in acque più agitate, fino a 20 miglia nautiche dalla costa, in fiumi con forti correnti, e sarà utilizzato per sostenere Manta raccogliendo rifiuti accumulati in aree più distanti.

Grazie alla collaborazione di Sea Cleaners con APSI (Asosiasi Pengusaha Sampah Indonesia), la principale associazione di categoria per il riciclaggio dei rifiuti in Indonesia, il Mobula 8 è attualmente operativo tra le Isole della Sonda, dove raccoglie i rifiuti galleggianti lungo i fiumi e nella zona costiera. Ha la capacità di coprire un’area di 15.000 m² all’ora. Può raccogliere rifiuti galleggianti, sia solidi (dai 30 µm ai 2 mm) che liquidi, fino a 0,4 m di profondità dalla superficie dell’acqua. L’apertura anteriore con cui raccoglie i rifiuti ha un diametro di 4 m. La capacità di stoccaggio del rifiuto solido va dai 5 agli 8 m3, del liquido è di 600 litri.

L’idea di Interceptor è nata da un giovane ingegnere olandese, Boyan Slat, fondatore del progetto Ocean Cleanup, un’organizzazione no-profit che si occupa di sviluppare tecnologie per ripulire le risorse acquatiche della Terra dai rifiuti plastici.

L’imbarcazione è lunga 24 metri, alimentata esclusivamente ad energia solare, ed è ancora in fase di studio e prova, ma le missioni che ha intrapreso finora hanno dato risultati incoraggianti. Il sistema è progettato per un funzionamento autonomo e continuato, ossia 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Secondo il progetto, l’imbarcazione rimane ancorata al fondo e si avvale di una barriera galleggiante che incanala i rifiuti verso il nastro trasportatore grazie alle correnti.

In Malesia, sul fiume Klang, questa speciale barca green è riuscita a ripulire circa 50 tonnellate di plastica al giorno. Il materiale raccolto viene distribuito equamente in sei cassonetti a bordo dell’imbarcazione, fino a completo riempimento.

Grazie ad un computer di bordo connesso a Internet, è possibile ottenere dati continui sulle prestazioni del sistema e avvisare automaticamente gli operatori locali quando i cassonetti sono pieni. L’Interceptor può continuare ad aspirare detriti anche durante lo svuotamento dei cassonetti. La sua grande capacità di stoccaggio consente cicli di svuotamento efficienti, riempiendo interi camion della spazzatura contemporaneamente.

Anche il progetto Po d’Amare nasce su queste basi: ridurre l’inquinamento marino causato dalle plastiche operando sul più grande fiume d’Italia. Questo consiste nel posizionamento, lungo i corsi d’acqua, di barriere “acchiappa rifiuti”.

Dopo una prima sperimentazione nel 2018 alla foce ferrarese del Po, dove sono stati raccolti 3 quintali di rifiuti (40% di plastica), nel 2019 una struttura galleggiante composta da barriere in polietilene è stata posta, sempre lungo il fiume, all’altezza Murazzi, nella città di Torino. Nel 2020 le barriere sono state sistemate nella tratta emiliana, all’altezza di Sacca di Colorno. In tutti questi casi, il materiale plastico intercettato è stato destinato al riciclo, quando possibile, grazie a un accordo con Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi.

Dal 2019 anche nel Lazio è stata messa in atto un’iniziativa per contrastare concretamente i rifiuti galleggianti presenti nei fiumi Tevere ed Aniene e impedirne l’arrivo in mare. In due anni, le barriere hanno intercettato circa 10 tonnellate di rifiuti. In 24 mesi sono state recuperate circa 1,2 tonnellate di bottiglie. Nelle reti sono finiti anche pneumatici, frigoriferi, bombole del gas, scaldabagno, caschi, materassi, lavatrici e addirittura è stato recuperato un tavolo da ping pong. Anche in questo caso, i rifiuti plastici recuperati sono stati destinati al riciclo.

Con il progetto Maelstrom del 2021, (acronimo per “Smart technology for MArinE Litter SusTainable RemOval and Management”), guidato dall’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ismar) e finanziato tramite il programma Horizon 2020 dell’Unione Europea, scienziati marini, esperti di robotica e società che si occupano di recupero dei rifiuti cooperano tra di loro.

L’obiettivo è sviluppare tecnologie innovative, replicabili e automatizzate, alimentate con energia rinnovabile e carburante di seconda generazione, per identificare, rimuovere, smistare e riciclare tutti i tipi di rifiuti marini raccolti, in un’ottica di economia circolare.

Sono principalmente due i sistemi automatizzati attraverso cui sarà possibile compiere queste operazioni. Il primo è The Great Bubble Barrier, progettato per funzionare in modo continuo (24 ore su 24, 7 giorni su 7). Consiste in una sorta di barriera costituita da tubi forati che pompano aria: posizionandoli sul letto di un fiume o in zone lagunari, viene generato un flusso di bolle d’aria che intercetta il rifiuto, aiuta a portarlo a galla e recuperarlo prima che raggiunga l’oceano. Il sistema è posizionato in diagonale, sfruttando la corrente naturale del fiume e grazie alla cortina di bolle generate dal fondale, i rifiuti di plastica intercettati vengono convogliati nel sistema di raccolta.

Il secondo sistema invece è una piattaforma robotica progettata grazie a TECNALIA e LIRMM (Laboratoire d’Informatique, de Robotique et de Microélectronique de Montpellier) in grado di rimuovere efficientemente i rifiuti solidi situati sui fondali e negli strati inferiori della colonna d’acqua.

Il materiale recuperato viene poi classificato per essere eventualmente avviato a riciclo o in alternativa destinato al termovalorizzatore per il recupero energetico. La piattaforma potrà avvalersi di due sistemi di raccolta: un drone per intercettare i rifiuti più piccoli depositatisi sul fondo o galleggianti nella colonna d’acqua e un braccio meccanico con un gancio per afferrare rifiuti più grandi come pneumatici, parti di barche, reti da pesca.

Due sono le aree selezionate per sperimentare le suddette apparecchiature: la laguna di Venezia per la piattaforma e l’estuario del fiume Duero, a Porto in Portogallo, per la barriera di bolle.

È estremamente importante sottolineare come quella della plastica sia una tipologia di inquinamento di più difficile rimozione, insieme ad altre tipologie di inquinamento, con cui la plastica interagisce.

Basti pensare all’inquinamento da sostanze chimiche, come ad esempio i concimi. Questi vengono depositati nell’ambiente a monte rispetto alle linee costiere. I concimi ricchi di sostanze nutritive utilizzati in agricoltura spesso vengono riversati nei corsi fluviali locali e finiscono per depositarsi in estuari e baie. Questo eccesso di nutrienti scatena la proliferazione di massa di alghe che utilizzano l’ossigeno presente in acqua e provocano zone morte in cui solo pochi organismi possono sopravvivere. La decomposizione di questi inquinanti spesso richiede tempi lunghissimi. La loro concentrazione aumenta nel momento in cui essi risalgono la catena alimentare, oppure restano imprigionati nei sedimenti diventando praticamente impossibili da eliminare. Se dispersi in acqua, possono legarsi ai frammenti di polimeri plastici, un fenomeno noto come adsorbimento, aumentando il fattore di tossicità.

Infatti le microplastiche, oltre a inquinare i mari durante il loro lungo processo di degrado, funzionano come delle vere e proprie calamite per le sostanze inquinanti: più la microplastica resta nell’ambiente, e quindi si degrada, più la sua capacità di adsorbimento di altre particelle tossiche aumenta diventando un vero e proprio vettore di trasporto di inquinanti.

È dunque fondamentale che nella lotta contro l’inquinamento da plastica non si dimentichi il potente alleato dalla nostra parte: la tecnologia. Ci auguriamo che progetti come quelli citati in questo articolo possano trovare uno sviluppo sempre maggiore ovunque e che, nel frattempo, tutti ci si renda conto di quanto sia importante contribuire, anche con le piccole azioni quotidiane, a non aggravare il problema.

Garbage Group e il Pelikan nel progetto “Insieme per il Mar Mediterraneo” | Adriaeco

Pelikan, il battello ecologico che ripulisce il mare dai rifiuti (garbagegroup.it)

WasteShark technical details | RanMarine Technology https://www.aiforsdgs.org/

Trash Collec’Thor e Pixie Drone, le nuove soluzioni per eliminare la plastica dal mare- LifeGate

Seabin, il cestino contro la plastica creato da due surfisti, sbarca nei mari italiani (lifegate.it)

Seabin, il cestino che ripulisce i mari dalla plastica: come sostenere il progetto – eHabitat.it

Come raccogliere la plastica in mare e negli oceani: ecco gli “aspirapolvere” dei rifiuti (economiacircolare.com)

SeaCleaners’ Mobula8 to Clean Floating Waste in Bali Waters – TheIndonesia.id (suara.com)

The Manta: the plastic removal factory boat (theseacleaners.org)

The SeaCleaners | The Mobula 8 reveal: a new step forward for The SeaCleaners

Dossier de Presse – TSC (theseacleaners.org)

Po d’Amare, progetto per la riduzione dell’inquinamento da plastica (greenplanner.it)

Barriere “acchiapparifiuti” sui fiumi Tevere e Aniene: in due anni intercettati 10 tonnellate di rifiuti galleggianti – Il Faro Online

Interceptor Original • Rivers • The Ocean Cleanup

Ocean Cleanup: la macchina che pulisce gli oceani – Ecoo.it

Maelstrom project outputs: Underwater cable robot and the Bubble Barrier (maelstrom-h2020.eu)

Contro la plastica in mare scende in campo anche il Cnr con il progetto Maelstrom | Ohga!

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