Scienziati australiani hanno scoperto che le larve di una specie di coleottero si cibano di polistirene. Usato per contenitori e posate, è una plastica difficile da riciclare.
La natura potrebbe offrire un nuovo aiuto contro l’inquinamento da plastica. Le larve di una particolare specie di coleottero, conosciuto anche come superverme, si cibano infatti di polistirene, uno dei materiali più difficili da smaltire. Fondamentale per la realizzazione di contenitori e posate usa e getta, è infatti tra i prodotti più inquinanti e meno riciclabili. La scoperta, frutto di tre settimane di lavoro, è opera di un team di ricercatori del Queensland in Australia. Tutti i risultati sono disponibili online su Microbial Genomics.
Lo studio del Queensland è frutto di tre settimane di ricerca. Un team di esperti ha infatti sottoposto le larve di Zophobas morio, specie di coleottero nota anche come superverme, a una dieta a base di schiuma di polistirene. Si tratta del materiale che comunemente funge da isolante per gli edifici e usato nella realizzazione di molti oggetti di uso quotidiano. È possibile trovarne traccia in contenitori e coperchi oltre che in posate di plastica usa e getta. Grazie alla sua particolare leggerezza, non è raro l’impiego anche per gli imballaggi. Gli scienziati hanno così scoperto che le piccole larve sono in grado di cibarsene senza accusare problemi di salute. Grazie a una serie di speciali enzimi intestinali, riescono infatti a digerire il polistirene con naturalezza.
Researchers at The University of Queensland (@UQ_News) have discovered the common Zophobas morio ‘superworm’ can eat through polystyrene. Read our latest press release to learn how this discovery could be the key to plastic recycling on a mass scale: https://t.co/ioHAZNHvqs
— Microbiology Society (@MicrobioSoc) June 9, 2022
La scoperta non si conclude qui, dato che le larve hanno persino completato il loro ciclo di crescita fino ad assumere la forma di coleotteri adulti. Tuttavia, gli scienziati hanno potuto certificare un minor peso corporeo rispetto ai supervermi alimentati con crusca. Presenti anche alcuni danni, seppur lievi, ai loro microbiomi intestinali. «Non è stato difficile convincere le larve a cibarsi di polistirene», ha dichiarato al Guardian Chris Rinke, co-autore dello studio. «In appena 24 ore si sono fiondate sul materiale e 48 ore dopo hanno prodotto le prime feci». Lo scienziato ha detto che le larve hanno prima triturato con la bocca la schiuma del polistirene e, una volta ingerita, hanno passato il lavoro ad alcuni microbi nell’intestino capaci di scomporre le molecole tramite gli enzimi. Al momento gli scienziati ne hanno identificate tre specie, ma non è stato ancora possibile determinare se si potrà procedere alla riproduzione su vasta scala.
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La scoperta potrebbe rivoluzionare la lotta all’inquinamento globale. «Il riciclaggio meccanico del polistirene è molto difficile», ha sentenziato Rinke. Sul sistema infatti gravano la bassa densità e l’ingombro della schiuma, che rende la raccolta molto spesso impraticabile. Lo scienziato ha pertanto suggerito che i microbi dei supervermi potrebbero costituire la base per un nuovo processo di riciclo che potrebbe portare alla creazione di bioplastiche o altri composti chimici. Non si tratta tuttavia di una prima volta per il mondo dei batteri. Già nel 2016, alcuni esemplari erano stati rinvenuti in una discarica del Giappone. Ulteriori studi hanno poi trovato conferma nei vermi della cera e della farina, le cui dimensioni però sono molto inferiori rispetto ai coleotteri australiani. Per questi ultimi c’è anche un po’ di Italia. Nel 2017, la biologa Federica Bertocchini dell’Istituto spagnolo di Biomedicina e Biotecnologia della Cantabria scoprì che tali bruchi mangiano polietilene.
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