Lo sapevi che il 12 settembre di ogni anno decorre la Giornata internazionale senza sacchetti di plastica? Di giornate che celebrano eventi o animali ce ne sono tantissime, per esempio il 12 agosto cade la Giornata Mondiale dell’Elefante, mentre il 10 agosto quella del Leone. Ma questa è differente perché spinge a comportamenti plastic free.
L’inquinamento ambientale da plastiche è ovunque: c’è plastica nel mare, plastica nei boschi, plastica in spiaggia. Ecco dunque che è necessario sensibilizzare meglio la popolazione in merito a questa tematica visto che le microplastiche sono state trovate anche nel sangue umano.
La Giornata internazionale senza sacchetti di plastica, nota anche come Giornata mondiale senza sacchetti di plastica, è nata nel 2009 grazie a The Marine Conservation Society.
L’associazione ha voluto dare in questo modo maggior risonanza mediatica al problema dell’inquinamento ambientale causato dalle borse di plastica, che si collega poi al più ampio discorso dell’inquinamento da plastica e microplastiche.
Lo scopo della Giornata internazionale senza borse di plastica è proprio quello di invitare le persone a usare meno sacchetti di plastica usa e getta, prediligendo magari quelli di stoffa, quelli riutilizzabili o quelli compostabili.
Il motivo è che tutte queste plastiche finiscono nei mari. Qui sono ingerite da pesci e crostacei che magari noi mangiamo. Il che vuol dire che assumiamo pesci e plastiche. Ma questi materiali nocivi sono ingeriti anche da cetacei, tartarughe e animali della terraferma, procurando gravi danni alla loro salute. Senza dimenticare tutti quegli animali che finiscono impigliati nei sacchetti o incastrati nei contenitori di plastica.
Secondo i dati divulgati dall’Unione Europea, solo in Europa ogni anno sono prodotte 100 miliardi di borse di plastica. Il che genera circa 25 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, visto anche non tutta è riciclata e che, gran parte, finisce nelle discariche. Il guaio è che un sacchetto di plastica non biodegradabile nell’ambiente ci mette 30 anni prima di decomporsi.
E tutte queste microplastiche finiscono nei cibi che mangiamo, nelle acque che beviamo e nell’aria che respiriamo.
Cosa possiamo fare per evitarlo? Semplice: non usiamo i sacchetti di plastica monouso, ma prediligiamo quelli riutilizzabili di stoffa o quelli compostabili. Ma ancora non basta: quando siamo in giro, non buttiamo a destra e a manca dove capita bottiglie e involucri di plastica.
Invece possiamo fare un sacchetto per gettarlo negli appositi bidoni. Usiamo piatti, posate e bicchieri compostabili, utilizziamo borracce di alluminio e non bottigliette di plastica, ricicliamo tutto il riciclabile.
E magari partecipiamo alle varie iniziative proposte localmente di raccolta della plastica in spiaggia, campagna o nelle città. Tutto aiuta.
Il problema delle plastiche e delle microplastiche non riguarda solo l’uomo, ma anche gli animali e l’ambiente in generale. Secondo il WWF, ogni anno 150 milioni di tonnellate di plastica vengono dispersi negli oceani. Nel solo Mediterraneo arrivano 570mila tonnellate di plastica, pari a 33.800 bottigliette di plastica buttate in mare ogni minuto.
Queste plastiche rappresentano una grave minaccia per i mari e per tutte le specie collegate ad essi, fra cui pesci, uccelli, tartarughe e anche mammiferi marini. Gli animali spesso finiscono intrappolati in questi grovigli di plastica, morendo prima di riuscire a liberarsi.
Altrettanto frequentemente finiscono con l’ingerire grandi quantità di plastica che, a lungo andare, creano ostruzioni intestinali. Ma non solo: queste materie plastiche in mare assorbono sostanze inquinanti come mercurio, diossine e bifenili policlorurati, i Pcb.
Una volta che la plastica interagisce con i succhi gastrici, ecco che questi prodotti chimici sono liberati, intossicando gli animali. Si è anche visto che i pesci che ingerivano più plastiche avevano maggiori probabilità di sviluppare tumori e danni epatici. Senza dimenticare, poi, la presenza di microplastiche anche nel sangue.
Tutto questo, però, non interessa solamente gli animali marini. Si è visto che l’ingestione di materie plastiche inizia già da parte di animali che vivono in torrenti, laghi e fiumi di acqua dolce.
Inoltre residui di microplastiche sono ormai presenti in tutti gli ecosistemi. Pensate che ne sono state trovate tracce attaccate alle radici della pianta e non mancano casi di ingestione da parte di animali terrestri.
Gli studi effettuati finora hanno permesso di scoprire che l’ingestione di plastiche è stata accertata in 1.565 specie animali, ma chissà quante altre mangiano regolarmente plastiche. L’ingestione di plastica interessa tutti i gradini della catena alimentare, partendo dagli invertebrati filtratori fino ad arrivare ai predatori ai vertici di tale catena, incluso l’uomo.
Ma perché gli animali mangiano le plastiche? Non lo fanno apposta, semplicemente a volte le scambiano per cibo o prede visto che questi rifiuti plastici sono così diffusi in natura, mentre altre volte hanno attaccato del cibo. Pensiamo anche semplicemente al cane di casa che trova una cartina di prosciutto sul tavolo e che si mangia tutto, prosciutto e plastica degli involucri.
Una volta che gli animali hanno ingerito le plastiche, possono manifestarsi diversi problemi di salute:
E questo senza dimenticare gli animali che finiscono intrappolati o strangolati a morte da sacchetti o bottiglie di plastica.
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